Premesse giuridiche di contesto

Lo Scugnizzo Liberato e l’Ex-Opg “Je So' Pazzo” - Casa Del Popolo ricadono entrambi sotto il regime del cd. “uso civico e collettivo urbano”, creato per la prima volta proprio nel Comune di Napoli per riconoscere giuridicamente beni comuni nati informalmente dalla rigenerazione spontanea di spazi abbandonati e sottoutilizzati da parte delle ‘comunità di riferimento’, restituendo all’attraversamento di tutta la comunità cittadina e al godimento pubblico beni prima inaccessibili. Tali comunità si sono formate, restando aperte ed eterogenee, attraverso questa azione di cura, che è una forma concreta di esercizio collettivo di diritti fondamentali. Successivamente, il medesimo istituto giuridico è divenuto best practice riconosciuta a livello internazionale (si veda, ad es., il progetto Urbact Civic eState). Attualmente, altri sei immobili di proprietà del Comune di Napoli seguono il medesimo regime giuridico: l’Asilo (ex Asilo Filangieri), Giardino Liberato di Materdei (ex Convento delle Teresiane), Lido Pola (ex Lido Pola), Santa Fede Liberata (ex Conservatorio di S. Maria della Fede), Villa Medusa, Ex Scuola Schipa.

L’uso civico e collettivo urbano proviene da una sperimentazione giuridica elaborata - nel silenzio della normativa primaria - a partire dalla natura giuridica degli usi, in quanto una delle tre fonti del diritto (artt. 1 e 8 Preleggi), e da un preciso ancoraggio costituzionale, tradotto successivamente in un insieme di Delibere e atti amministrativi approvati dal Comune di Napoli.

Quanto alle norme costituzionali, rilevano in particolare i diritti di partecipazione politica (artt. 48-49), la ‘funzione sociale’ della proprietà (art. 42), la possibilità di amministrare collettivamente servizi essenziali (art. 43) e, soprattutto, dell’uguaglianza sostanziale. Con tale appiglio normativo, il Comune – dopo aver modificato lo Statuto per introdurre i beni comuni (Delibera di Consiglio comunale n. 4/2011) – ha avviato un percorso di Delibere che hanno riconosciuto l’uso civico e collettivo urbano.

Volendo realizzare una sintesi relativa al solo percorso giuridico - che non si sofferma, cioè, sui pur complessi passaggi politici e di policy della vicenda - il processo di riconoscimento di un bene comune emergente a uso civico e collettivo può essere riassunto nelle seguenti fasi:

  1. approvazione da parte della Giunta comunale di una Delibera ricognitiva (per i due beni comuni in oggetto, Delibera di Giunta 446/2016), il cui scopo è riconoscere l’esistenza di un percorso di autonormazione, con cui le comunità spontanee che hanno ‘liberato’ lo spazio definiscono la regolazione atta ad assicurare una governance aperta e non esclusiva dello stesso (vd. infra), che garantisca l’accessibilità pubblica al bene per l’esercizio, in forma collettiva, dei diritti fondamentali. Obiettivo della Delibera, in questo caso, è assicurare e accompagnare istituzionalmente il processo di autonormazione della comunità in corso nello spazio, fino al perfezionamento delle fasi successive;
  2. approvazione da parte della comunità di riferimento di ciascun Bene Comune di una Dichiarazione d’uso civico e collettivo urbano (qui quella dello Scugnizzo Liberato e qui quella dell’ex OPG - Je so pazz) e di un ‘dossier delle attività’. La Dichiarazione d’uso chiarisce la governance del bene comune (es., gli organi e i processi decisionali, l’accesso agli spazi, gli aspetti economici, la relazione con l’Amministrazione comunale…) ed è stata scritta mediante assemblee pubbliche e aperte a chiunque, che hanno deciso con il metodo del consenso. Tale documento chiarisce le modalità di uso, cura e gestione del bene, nello sforzo di identificare pratiche di apertura del bene alla città, nel rispetto dei principi costituzionali di antifascismo, antirazzismo e antisessismo. A esso è allegato un ‘dossier delle attività’, che documenta la ‘redditività civica’ dell’esperienza, cioè il suo valore culturale, sociale, politico e pedagogico.
  3. riconoscimento della Dichiarazione d’uso con una nuova Delibera di Giunta comunale (per i beni comuni in oggetto, Delibera n. 424/2021), come forma pubblica di accesso, uso e governo dei beni comuni. Con tale ‘presa d’atto’ della Dichiarazione d’uso si intende completato il percorso di riconoscimento di un bene comune a uso civico e collettivo, attraverso la legittimazione di almeno due punti essenziali contenuti nelle Dichiarazioni: A) l’autonormazione della comunità, attraverso gli organi di autogoverno previsti nella Dichiarazione (vd. Sezioni Architettura e Governance); B) la redditività civica dei beni comuni, che giustifica l’impegno per il Comune a investire risorse pubbliche per la manutenzione straordinaria e l’accessibilità degli spazi (vd. Sezione Sostenibilità e redditività civica).

Tale forma di riconoscimento è possibile - quale alternativa ai bandi e altre forme di assegnazione - in quanto prevede che non vi sia una forma di uso o assegnazione esclusiva del bene a un soggetto (singolo o collettivo), bensì un’apertura del bene a tutti e tutte, per l’esercizio, in forma collettiva, dei diritti fondamentali, nel rispetto dei principi costituzionali di inclusione garantiti dall’antifascismo, antirazzismo e antisessismo.

Per favorire un confronto pubblico e sostenere i processi di autonormazione delle comunità in coerenza con l’interesse generale e il quadro normativo esistente, è previsto in tutte queste fasi l’intervento in funzione consultiva dell’Osservatorio permanente sui beni comuni della città di Napoli.

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